SOVRANITA' ALIMENTARE E COMMERCIO EQUO-SOLIDALE
16 ottobre 2012: giornata mondiale dell'alimentazione.
Fra i tanti dati che sono stati citati, riportiamone almeno uno:oggi si produce cibo per 12 miliardi
di persone, ma un miliardo non mangia a sufficienza. Forse se la “Sovranità Alimentare dei Popoli” fosse una realtà, le cose andrebbero diversamente.
Ma che cos'è la Sovranità Alimentare (per brevità SA)? E c'è un in rapporto fra SA e Commercio Equo e Solidale (COMES)?.
SA significa, in estrema sintesi, la capacità che ha (o che dovrebbe avere) un popolo o una comunità di produrre alimenti per un sostentamento adeguato, decidendo in proprio quali alimenti produrre e in che modo.
Niente di più lontano da quello che di solito e come tendenza generale avviene. Istituzioni mondiali e potenze economiche forti lo impediscono, favorendo i grandi produttori e commercianti e danneggiando i piccoli, -
sia nel Sud che nel Nord del mondo – i quali (soprattutto se del Sud) si impoveriscono sempre di più.
Via Campesina é la principale delle organizzazioni mondiali che si batte per la SA. In un suo documento si leggono affermazioni che non possono non essere condivise: “L'agricoltura e l'alimentazione sono fondamentali per tutti i popoli, sia in termini di produzione e disponibilità di quantità sufficienti di alimenti nutrienti e sicuri, sia in quanto pilastri di comunità, culture e ambienti rurali e urbani salubri...Per garantire l'indipendenza e la sovranità alimentare di tutti i popoli del mondo, è essenziale che gli alimenti siano prodotti mediante sistemi di produzione diversificati, su base contadina”. Già, ma vediamo che cosa avviene normalmente. Prendiamo il caso del mais (dal documento “Terra e cibo” a cura di Slaw food e Fair Trade Italia) “Dalla prima pianta selvatica di mais, che dava pannocchie amare e piccole (al massimo 3 cm), i contadini hanno selezionato migliaia di varietà, dolci e pastose.
In America Latina il mais non è soltanto giallo o bianco. I chicchi possono essere rossi, viola, neri, blu e possono avere le forme più disparate: rotonde, allungate, appuntite, piatte…Oggi queste varietà stanno
scomparendo dai campi. Il Messico – Paese in cui il mais è stato domesticato – importa il 40% di questo cereale dagli Stati Uniti: nella capitale messicana come nei villaggi indigeni più sperduti, per fare le tortillas si compra la farina dalle multinazionali americane.” (da qui la crisi, se non la scomparsa, dei piccoli produttori messicani) E quello del mais è solo un esempio. Infatti “In un secolo si sono estinte trecentomila varietà vegetali e continuano a estinguersi, al ritmo di una ogni sei ore. Un terzo delle razze autoctone bovine, ovine e suine è estinto o in via di estinzione”.
Il documento/appello di Via Campesina, insieme ad un'analisi critica della situazione, rivolge anche una serie di richieste ai governi mondiali, i quali “per conseguire e preservare la SA dei popoli e garantire la sicurezza
alimentare, dovranno:
· adottare politiche che - al posto di un modello industriale dagli alti consumi e orientato all'esportazione - diano impulso a una produzione sostenibile, basata sulla produzione familiare contadina, per poter avere alimenti sani, nutritivi, di buona qualità e a prezzi ragionevoli, per il mercato interno e i mercati subregionali
e regionali.
· garantire l'accesso equo alla terra, alle sementi, all'acqua, al credito e ad altre risorse produttive;
· sviluppare economie alimentari locali basandosi sulla produzione locale e stabilendo punti di vendita locali
· proibire la produzione e commercializzazione di sementi, alimenti e prodotti geneticamente modificati, così come qualunque prodotto affine.
Ma che rapporto esiste fra la realtà per la quale lotta Via Campesina e quella del COMES?
Riguardo ai principali prodotti agricoli venduti attraverso il COMES, sappiamo che molti di essi sono coltivati principalmente per l'esportazione. Ci si potrebbe chiedere allora: il coltivare té, caffé, zucchero, cacao, banane ecc. toglie energie, e anche terreni, che si potrebbero usare per la produzione interna e l'alimentazione familiare? Sarebbe una bella contraddizione! La realtà è più complessa. Intanto
evidenziamo che se si vuole fare fair trade vanno evitate due cose (lo si legge in più documenti):
1. una dipendenza economica verso l’esportazione, a scapito della produzione per il mercato locale.
2. l'esportazione di prodotti alimentari e materie prime scarseggianti o di manufatti con queste ottenuti. Va inoltre considerato quanto segue:
· Il prezzo più alto per le produzioni fair trade e il pagamento anticipato e garantito permettono, sappiamo, un investimento per migliorare la qualità della vita della collettività. Quindi vengono fatti, o possono essere fatti, anche investimenti nel campo dell'agricoltura per la propria sussistenza o per il mercato locale. Da tener presente che spesso i produttori coltivano anche per il mercato “tradizionale” e le produzioni fair trade si sono inserite successivamente, a fianco delle altre ma con i noti vantaggi.
· Spesso chi produce per il COMES riceve un'assistenza tecnica e partecipa a corsi per migliorare la produzione agricola destinata al COMES (sempre più convertita al biologico). Le maggiori conoscenze nel campo agricolo si possono applicare anche alle coltivazioni di prodotti per uso interno e anche per il mercato locale. In un documento sulla produzione di riso fair trade in Vietnam si legge:alle famiglie di contadini viene insegnato come coltivare, oltre al riso, anche legumi e ortaggi per poi venderli sul mercato locale, dando quindi loro la possibilità di percepire un’entrata supplementare.
A conclusione riportiamo una considerazione sul COMES tratta da un'intervista a Vandana Shiva , la nota attivista e ambientalista indiana:
“L'economia locale e la sua costruzione devono essere il pilastro del COMES...,il quale non può compromettere l'economia locale...privando i lavoratori di ciò di cui hanno bisogno. Per noi è equo il commercio di quei prodotti che in Italia (pe es.) non si possono coltivare”. Questo principio è senz'altro seguito, in linea di massima, nel COMES. Non sempre però. E se ciò sia opportuno o meno è una questione aperta, che lasciamo in sospeso, magari da riprendere in seguito.
Per il documento completo di Via campesina:
L'intervista a Vandana Shiva è tratta dal DVD “Diritto al cibo”, in distribuzione ai volontari di Mondoalegre.
Il filmato documenta il lavoro dei produttori di spezie dello Sri Lanka, spezie che arrivano ad Altromercato attraverso l'organizzazione Podie.